Con un regista diverso per ogni puntata abbiamo fin'ora visto tre episodi di The Walking Dead abbastanza differenti tra loro. Il terzo, Bentornato Papà, rispecchia questa logica e sposta il centro dell'attenzione sull'accampamento dei sopravvissuti, fin'ora a mala pena mostrati, e sulle conseguenze dell'abbandono di Merle sul tetto di Atlanta. Il resto dell'analisi di questo episodio dopo il salto...
In completo stato di delirio Merle è ancora dove l'avevamo lasciato, ammanettato ad un tubo d'acciaio sul tetto di un palazzo di Atlanta. Rassegnato all'idea di restare la a marcire, ricorda con nostalgia le malefatte di cui si è macchiato in un mondo in cui la giustizia contava ancora qualcosa. D'un tratto, il tentativo di sfondare la porta di accesso al tetto da parte di un piccolo gruppo di Zombie, lo riporta con i piedi per terra e dopo una pietosa ricerca di una fede di fronte al senso di morte, Merle ritrova se stesso e con la tenacia del villain cerca un modo per liberarsi.
Non so voi, ma questa scena porta sul gradino più alto del podio il personaggio di Merle che, pur non avendo avuto tanto spazio e sopratutto non facendosi di certo voler bene sin da subito, è sicuramente il personaggio di maggior carisma. L'interpretazione di Michael Rooker (qui una sua intervista) è quella che più mi ha sorpreso e sono convinto che il suo personaggio darà a The Walking Dead una bella dose di novità, sopratutto ora che di lui è rimasta solo la sua mano...
L'arrivo al campo del furgone con i sopravvissuti di Atlanta introduce finalmente l'anello di congiunzione tra i due gruppi di cui fin'ora avevamo visto separati e di cui uno, solo per poche scene. Come sapevamo (chi ha letto il fumetto) l'arrivo di Rick Grimes segna la rottura del rapporto di sostegno tra Lori e Shane portando la prima a confinare il miglior amico di Rick al ruolo di bugiardo e impostore.
Nonostante l'unione dei due gruppi, gli altri personaggi al campo si ritagliano dei ruoli ancora abbastanza marginali che per ora non contribuiscono quasi nulla allo sviluppo della storia. Gli unici che si distinguono sono Ed e Dale. Il primo per essere il solito prepotente (forte con i deboli e debole con i forti) sistemato poi da Shane che ferito da Lori si è fatto prendere la mano. Il secondo, Dale, per essere un po' il vecchio saggio del gruppo. Detto questo, sebbene il corposo numero di personaggi sia dispersivo, ci ha permesso di conoscere un po' meglio quella che è la vita al campo dei sopravvissuti: i turni di guardia, le regole da rispettare, i compiti assegnati a ciascuno.
Con l'abbandono di Merle ad Atlanta, Rick si sente moralmente costretto ad tentare di salvarlo e alla testa di un piccolo gruppo composto da Glenn, Daryl Dixon (il fratello di Merle) e T-Dog partono alla volta della città infestata dai non-morti. Questa parte dell'episodio mette alla luce la bontà dell'adattamento che non trascura nessun dettaglio. La dimestichezza di Glenn nel muoversi all'interno della città diventa fondamentale nel gruppo, come la cassetta degli attrezzi dimenticata sul tetto del palazzo che costringe i quattro a chiedere la tronchese a Dale per tagliare la catena che chiudeva la porta sul tetto. Anche la sacca con le armi e walkie-talkie, lasciata da Rick nella fuga, torna ad essere importate. Dettagli che pur sembrando banali vengono ricordati facilmente e non ci costringono, come succedeva con Lost, a riguardare le puntate precedenti per verificare che non ci fosse sfuggito qualcosa.
Dopo aver visto decine di Zombie nella seconda puntata, in Bentornato Papà se ne vedono giusti quattro. I più delusi saranno sicuramente quelli non ha letto il fumetto e si aspettano orde di morti viventi ad ogni puntata, ma bisogna ricordare che la realizzazione degli effetti speciali è sempre di altissimo livello.
Con la terza puntata di The Walking Dead siamo giunti al giro di boa. In una normale serie TV composta da una dozzina di puntate si potrebbe già trarre un bilancio di questa prima stagione, ma in questo caso con soli tre episodi sarebbe prematuro esprimersi sulle scelte fatte da Frank Darabont nelle fasi di confezionamento di The Walking Dead.
Lo spettacolare Zombie che banchettava sul cervo
In completo stato di delirio Merle è ancora dove l'avevamo lasciato, ammanettato ad un tubo d'acciaio sul tetto di un palazzo di Atlanta. Rassegnato all'idea di restare la a marcire, ricorda con nostalgia le malefatte di cui si è macchiato in un mondo in cui la giustizia contava ancora qualcosa. D'un tratto, il tentativo di sfondare la porta di accesso al tetto da parte di un piccolo gruppo di Zombie, lo riporta con i piedi per terra e dopo una pietosa ricerca di una fede di fronte al senso di morte, Merle ritrova se stesso e con la tenacia del villain cerca un modo per liberarsi.
Non so voi, ma questa scena porta sul gradino più alto del podio il personaggio di Merle che, pur non avendo avuto tanto spazio e sopratutto non facendosi di certo voler bene sin da subito, è sicuramente il personaggio di maggior carisma. L'interpretazione di Michael Rooker (qui una sua intervista) è quella che più mi ha sorpreso e sono convinto che il suo personaggio darà a The Walking Dead una bella dose di novità, sopratutto ora che di lui è rimasta solo la sua mano...
Merle sul tetto abbandonato dal gruppo
L'arrivo al campo del furgone con i sopravvissuti di Atlanta introduce finalmente l'anello di congiunzione tra i due gruppi di cui fin'ora avevamo visto separati e di cui uno, solo per poche scene. Come sapevamo (chi ha letto il fumetto) l'arrivo di Rick Grimes segna la rottura del rapporto di sostegno tra Lori e Shane portando la prima a confinare il miglior amico di Rick al ruolo di bugiardo e impostore.
Nonostante l'unione dei due gruppi, gli altri personaggi al campo si ritagliano dei ruoli ancora abbastanza marginali che per ora non contribuiscono quasi nulla allo sviluppo della storia. Gli unici che si distinguono sono Ed e Dale. Il primo per essere il solito prepotente (forte con i deboli e debole con i forti) sistemato poi da Shane che ferito da Lori si è fatto prendere la mano. Il secondo, Dale, per essere un po' il vecchio saggio del gruppo. Detto questo, sebbene il corposo numero di personaggi sia dispersivo, ci ha permesso di conoscere un po' meglio quella che è la vita al campo dei sopravvissuti: i turni di guardia, le regole da rispettare, i compiti assegnati a ciascuno.
Con l'abbandono di Merle ad Atlanta, Rick si sente moralmente costretto ad tentare di salvarlo e alla testa di un piccolo gruppo composto da Glenn, Daryl Dixon (il fratello di Merle) e T-Dog partono alla volta della città infestata dai non-morti. Questa parte dell'episodio mette alla luce la bontà dell'adattamento che non trascura nessun dettaglio. La dimestichezza di Glenn nel muoversi all'interno della città diventa fondamentale nel gruppo, come la cassetta degli attrezzi dimenticata sul tetto del palazzo che costringe i quattro a chiedere la tronchese a Dale per tagliare la catena che chiudeva la porta sul tetto. Anche la sacca con le armi e walkie-talkie, lasciata da Rick nella fuga, torna ad essere importate. Dettagli che pur sembrando banali vengono ricordati facilmente e non ci costringono, come succedeva con Lost, a riguardare le puntate precedenti per verificare che non ci fosse sfuggito qualcosa.
Ricordate sempre di colpire alla testa
Dopo aver visto decine di Zombie nella seconda puntata, in Bentornato Papà se ne vedono giusti quattro. I più delusi saranno sicuramente quelli non ha letto il fumetto e si aspettano orde di morti viventi ad ogni puntata, ma bisogna ricordare che la realizzazione degli effetti speciali è sempre di altissimo livello.
Con la terza puntata di The Walking Dead siamo giunti al giro di boa. In una normale serie TV composta da una dozzina di puntate si potrebbe già trarre un bilancio di questa prima stagione, ma in questo caso con soli tre episodi sarebbe prematuro esprimersi sulle scelte fatte da Frank Darabont nelle fasi di confezionamento di The Walking Dead.