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28 luglio 2012

Geo-Zombia Vol 2: l'opposizione città-campagna

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Lo abbiamo accennato nel manifesto di apertura e adesso lo ribadiamo: lo Zombie, come ogni creatura che si rispetti, possiede un suo habitat prediletto. I leoni prediligono la savana, le balene gli oceani, gli esseri umani la città... e gli Zombie? Gli Zombie non si fanno molti scrupoli, e condividono con noi le grandi agglomerazioni stra-popolate... probabilmente perché è più facile trovare cibo rispetto ad esempio alle aride  steppe caucasiche... Spiegazione semplice, ma tutto sommato convincente.

Geo-Zombia Vol 2: l'opposizione città-campagna

Il rapporto che però unisce il marcescente deambulante alla nostra più grande invenzione spaziale, merita ulteriori chiarimenti. Innanzitutto esso non è semplice, ma muta al mutare di epoche e periodi. Se la città, nel secolo XX cambia, lo fa anche lo Zombie, che altro non fa che cercare di possedere il centro del nostro mondo. Puro istinto di sopravvivenza o deus ex machina...

Una piccola geografia dello Zombie non può pertanto prescindere da una riflessione su come Romero & Co. dedichino particolare attenzione a quella che anglo-cinematograficamente potremmo definire "location"

La cinematografia, in particolare quella romeriana, ma anche quella neo-europea di D. Boyle, costituisce una sorta di antitesi rispetto ai classici cliché del cinema americano (Horror, ma non solo) riguardanti il rapporto città / non-città.

Ripercorrendo per un attimo un po' di filmografia, è facile notare come spesso la città venga abbandonata dagli esseri umani. Troppe persone, troppa promiscuità... Gli Zombie iniziano lì il loro banchetto, e i superstiti con modalità e tempi diversi abbandonano le grandi aree urbane e insicure, per cercare rifugio nell'isolamento della campagna, nelle vastità del sub-urbano, o in un qualsivoglia bunker.

La notte dei morti viventi, come ben sappiamo, è un inizio, anzi l'inizio, e pertanto le tematiche che Romero privilegierà sono ancora appena accennate. L'azione si svolge essenzialmente in un contesto non prettamente urbano (la casa di campagna, i campi ripuliti dalle milizie, ecc.).

La consacrazione "urbana" definitiva avverrà dieci anni dopo con Zombie (fuga dalla città in favore del centro commerciale situato in provincia) e prosegue con Il giorno dei morti viventi (la Florida è invasa e i superstiti non soltanto abbandonano la città, ma perfino la superficie della terra, trovando rifugio in un bunker). Da quel momento in poi lo Zombie colonizzerà per sempre la città facendone suo territorio di caccia. La terra dei morti viventi, forse il capitolo più rilevante da un punto di vista socio-politico, riporta gli Zombie al di fuori dello spazio urbano, ma la lotta che il film ci propone, altro non è che una lotta per il controllo del centro, per il controllo, ancora una volta, della città.

Il copione propone variazioni dunque, ma non cambia la sostanza: lo Zombie resta creatura urbana, e per l'urbe e per il suo prezioso bottino si svolgerà il conflitto. Anche il cambiamento del titolo dell'opera rispetto ai tre precedenti merita riflessione: Night, Dawn e Day, per i primi tre capitoli (nei loro titoli originali), ovvero nozioni riguardanti il tempo; Land, per quanto concerne il quarto, ovvero elemento spaziale, che sancisce l'inversione definitiva: la terra non è più umana.

Ed in effetti il Fiddler's Green e i suoi piccoli sobborghi abitati dai superstiti meno fortunati, più che una metropoli moderna, ricordano un castello medievale. Alte mura, protezioni, forte differenziazione tra i ricchi signori e sudditi, fiere di chiare reminiscenze medievali e tutto intorno un mondo che non è più controllato, che cela pericoli, che ricorda  i barbari e senza legge dei primi secoli dopo la caduta di Roma, quando le città (spazi aperti) venivano abbandonate in favore della protezione delle mura, una protezione che spesso esigeva come controparte una condizione fortemente subalterna.

L'opposizione dunque fra la città e la non-città è un punto fermo del cinema Romeriano, ma anche della  "bilogia" Boyle + Fresnadillo. 28 giorni dopo ripropone magistralmente questo aspetto. Londra è abbandonata, svuotata, gli infetti sono i padroni. Jim & co. troveranno pace solo nel viaggio che li porterà a Manchester, ed in effetti anche stilisticamente, le sequenze che vanno dalla "spesa al supermercato" sino al raggiungimento del "blocco" nei pressi di Manchester (dove dovrebbero trovare rifugio), sono le uniche che permettono allo spettatore di abbassare la tensione. Lo spazio non-urbano offre respiro, la minore densità abitativa induce ad una maggiore tranquillità.

Il sequel dello spagnolo Fresnadillo, invece propone una spazialità che ricorda maggiormente il capitolo quarto di Romero di cui abbiamo parlato sopra, ovvero una centro città fortificato attorno al quale si cela una costante minaccia, una zona non controllata e insidiosa.

Perfino la serie The walking Dead esprime pienamente questo trattamento dello spazio: la sorte che viene riservata ad Atlanta indurrà i protagonisti a cercare rifugio ovunque tranne che nelle grandi città. La campagna americana è il rifugio di Rick e dei suoi accoliti. 

Dove sta dunque l'antitesi rispetto alla cinematografia classica americana? Molto semplice: il cinema a stelle e strisce ha quasi sempre insistito su un tema: la fobia del non-urbano. Pensiamoci bene. Pensiamo a film come Non aprite quella porta, giusto per fare un esempio, o alle innumerevoli pellicole horror, che mostrano i soliti giovinastri di città avventurarsi nel cuore della provincia americana. Di solito la gitarella fuori-porta non ha un finale allegro: mostri, squartamenti, seghe elettriche, satanisti, e chi più ne ha più ne metta. Insomma per i poveri cittadini americani, il viaggio in provincia spesso e volentieri finisce nel sangue.

Il cinema americano ha sempre insistito sul cliché di una città che incarna la civiltà, la legge, il progresso ecc., opposta ad una provincia rurale presentata come bifolca, arretrata, razzista, e spesso violenta. E non solo il cinema horror. Anche pellicole impegnate come ad esempio Mississipi burning o Boys dont'cry hanno alimentato questa visione (rappresentazione certamente esagerata, ma purtroppo non troppo false, visti i sempre più frequenti episodi di cronaca riguardante l'America "profonda", come ad esempio le vicende da cui questi due film sono tratti). L'America non ama la sua provincia (spesso geograficamente identificata principalmente negli stati del sud e in generale in gran parte dello sconfinato Midwest), e non esita a dipingerla con colori poco gradevoli, talvolta con toni esagerati, talvolta in maniera più lucidamente critica

Le ragioni sono storicamente non vicinissime: la guerra di secessione che oppose un nord urbanizzato e industrializzato, tendente alla modernizzazione, ad un sud agricolo, latifondista e schiavista (non è che i nordisti avessero una particolare filantropia anti-razzista, era solo uno scontro tra due modelli di sviluppo differenti). Il conflitto che ne scaturì fu violento e fratricida come una qualsiasi guerra civile che si rispetti. Ciò che però non possiamo fare a meno di notare è che le ferite siano ben lungi dall'essere sanate, poco importa che il contrasto nord-sud si sia generalizzato in una più ampia dialettica città-campagna.

Lo Zombie, da puro prodotto indipendente, dunque rovescia questo cliché, restituendo un po' di giustizia a quella che comunemente chiamiamo provincia americana. Non perché le brutture non esistano, ma semplicemente perché le brutture accomunano tristemente diverse realtà geografiche, tanto urbane, quanto non-urbane.

Il carattere profondamente politico dello Zombie non può fare a meno della città, teatro del liberismo e delle sue logiche antropofaghe. Non può fare a meno di denunciare aspetti e pratiche agghiaccianti della "cittadinanza contemporanea".

Lo Zombie conquista la città e di essa incarna problematiche, contrasti ed eccessi. Non a caso, per concludere con una citazione, un critico cinematografico, (Bittanti M.,  28 giorni dopo, in AA.VV., Annuario del cinema stagione 2002-2003, Bergamo, Federazione Italiana Cineforum, 2003), con estrema lucidità parla del film di Boyle come il racconto della necrosi urbana e definisce l'infetto come il mostro più agghiacciante che la società abbia mai potuto creare: il cittadino, creatura frenetica, irrazionale, e insensatamente violenta.

Basta cambiare qualche aggettivo, legato più al contesto temporale differente che alla sostanza dei fatti, per poter estendere questa affermazione a gran parte della produzione Zombie di rilievo.

SpleenLady

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Richard_Targaryen

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DarkSchneider

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Zombie Hunter

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Grimwolf

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jackson1966

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Alessia Gasparella

name[Alessia Gasparella] image[https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEga4q94pFjepkWZdKSCP7H_8uGELs3M2bYllDuaD0oUpEyY2Cn3flGvqOAewllLI8n1MxKiY5YmeJcEqJ3maY8juoOqgUroGOrz0kicQzm_BAgLPWkWZpTSSBRFvrv9L_5WGc_xfKooCcJg/s151/bbd.jpg] description[Ha iniziato a collaborare con Zombie KB per continuare a nutrire il suo smisurato amore per i cari, vecchi, morti viventi e diffondere il verbo a più persone possibili. La sua missione principale è quella di far conoscere i film Zombie che più ha amato, raccolti nella rubrica Zombie D'Essai, e convincere il mondo che sono delle perle! Oltre ai lungometraggi, ama parlare dei corti che spesso hanno bisogno di una mano per essere diffusi.]

ZomBitch!

name[ZomBitch!] image[https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYY9T4xMZe98rBdNfusZhjs3gw-TNMSQAHJoecFXJwrZZX7shHcbECfVXr7MeaSRkLlisIZBey_mgK2Tx2LXo3LzWs19se9fQ_PLOWCsbXBOoUBm2HqkF1cEFFoEpVPVavtVblz-Ip7KU/s151/dr.rockso.jpg] description[Colorito da Zombie, occhiaie da Zombie, si nutre di libri, fumetti, film-serie, musica, graphic e street-art senza sosta, come uno Zombie. Gli piacciono le robe creative, diverse, le robe da matti, il noir e lo humor nero. Lavora come copywriter e giornalista-editor, ma scrive su Zombie KB per infettare più vergini possibili con quest'implacabile Z-addiction...il suo motto? Fate piano con Zombie KB: there's no hope!]