Leadville, cittadina del Colorado. Una influenza dai sintomi non preoccupanti ma aggressivi si diffonde fra gli abitanti, costringendoli presto al ricovero ospedaliero. Quando il numero degli infetti pare salire in modo vertiginoso, la situazione si fa allarmante anche se le autorità continuano a minimizzare. Al calar del sole, chi ha contratto il virus si trasforma in un famelico Zombie… Appuntamento a dopo il salto per la recensione di Day of the Dead e saperne qualcosa di più.
Mettiamo subito le carte in tavola fin dall’inizio: Day of the dead non è il remake del 1985 de Il giorno degli Zombie del grande George Romero. Astutamente la distribuzione internazionale ha fatto carte false per farlo sospettare. Invece le parentele con il film di Romero sono molto precarie: lo script di Jeffrey Reddick infatti, oltre ad omaggiare la moda che ha trasformato gli Zombie da lenti e sonnacchiosi a rapidissimi e reattivi, mostra solo un’eco del rapporto tra il mad doctor Logan/Frankenstein e Bub, l’apprendista Zombie.
Poi c’è un bunker sotterraneo, qualche militare, e stop. Dell’idea di un ultimo avamposto di uomini assediati sotto terra (sono loro nelle tombe ora) mentre in superficie c’è l’apocalisse dei morti viventi, viene persa ogni traccia. Perduta anche la critica politica contro le dittature, i governi militari... Di davvero splendido c’è solo Mena Suvari, la biondina-lolita di American Beauty, nei panni di un caporale dell’esercito, che insieme ad un gruppo di sopravvissuti si trascina dietro il commilitone Bud (!) che sta lentamente trasformandosi in Zombie: una specie di morto vivente venato di bontà, vegetariano in vita e in morte senza attrazione per la carne umana.
In cabina di regia c’è Steve Miner, un solido professionista amante (anche) dell’horror: in genere, dove mette mano lui c’è sempre un minimo di garanzia di resa. Un po’ come in questo caso infatti, un entertainment godibile e avvincente che parte un po’ piattamente ma poi pesta sull’acceleratore. Le situazioni sono canoniche ma ben fatte e appagano la voglia di azione, suspense e gore del pubblico affezionato.
Negli anni 2000, dal remake di Zack Snyder in poi, gli Zombie si sono sempre più evoluti, corrono, si organizzano e si arrampicano sui muri. E anche aggrediscono un proprio simile nel momento in cui questo si ribella.
Ripetiamo, il film di Miner è puro intrattenimento, abbastanza trucido e svelto, con alcuni effetti visivi non sempre adeguati (da dimenticare la computer grafica) ma con almeno un paio di sequenze particolarmente efficaci: quando gli ammalati si “spengono” prima di tramutare l’ospedale in una macelleria messicana, e quando Mena Suvari deve fuggire dal (monco) zombie Ving Rhames nei condotti d’aria.
Alcune scene lasciano invece perplessi per l’assoluta idiozia. I dialoghi dei bellocci protagonisti, senza un minimo di cervello. L’apertura delle porte a calci da parte dei militari spaventatissimi, quando invece le porte munite di vetri perfetti permettevano di scorgere all’interno l’assenza di Zombie e pericoli. Oppure un morto vivente che nell’assoluto silenzio, e senza che i vicinissimi compagni si accorgano di nulla, solleva e porta con sé un poveraccio.
Poteva andare però molto peggio: i due cavalieri dell’Apocalisse James Dudelson e Ana Clavel, fra i produttori, lasciavano presagire un vero cataclisma. In effetti i sentori della bufala c’erano: problemi di distribuzione, prima ancora di produzione, tensioni che sfioravano la soppressione stessa del progetto. E si vede: Miner gira con mestiere la prima parte del film, nella seconda invece si scatena l’inferno (Zombie accelerati col fast forward, mai più di cinque Zombie nella stessa inquadratura, un finale ridicolo…). Un vero peccato. Comunque, per quel buono che si è detto prima, si può vedere. Con le dovute riserve.
Scheda del film:
La locandina di Day of the Dead: poco a che fare con l'originale di Romero
Mettiamo subito le carte in tavola fin dall’inizio: Day of the dead non è il remake del 1985 de Il giorno degli Zombie del grande George Romero. Astutamente la distribuzione internazionale ha fatto carte false per farlo sospettare. Invece le parentele con il film di Romero sono molto precarie: lo script di Jeffrey Reddick infatti, oltre ad omaggiare la moda che ha trasformato gli Zombie da lenti e sonnacchiosi a rapidissimi e reattivi, mostra solo un’eco del rapporto tra il mad doctor Logan/Frankenstein e Bub, l’apprendista Zombie.
Poi c’è un bunker sotterraneo, qualche militare, e stop. Dell’idea di un ultimo avamposto di uomini assediati sotto terra (sono loro nelle tombe ora) mentre in superficie c’è l’apocalisse dei morti viventi, viene persa ogni traccia. Perduta anche la critica politica contro le dittature, i governi militari... Di davvero splendido c’è solo Mena Suvari, la biondina-lolita di American Beauty, nei panni di un caporale dell’esercito, che insieme ad un gruppo di sopravvissuti si trascina dietro il commilitone Bud (!) che sta lentamente trasformandosi in Zombie: una specie di morto vivente venato di bontà, vegetariano in vita e in morte senza attrazione per la carne umana.
Come spesso accade, l'esercito negherà l'evidenza |
In cabina di regia c’è Steve Miner, un solido professionista amante (anche) dell’horror: in genere, dove mette mano lui c’è sempre un minimo di garanzia di resa. Un po’ come in questo caso infatti, un entertainment godibile e avvincente che parte un po’ piattamente ma poi pesta sull’acceleratore. Le situazioni sono canoniche ma ben fatte e appagano la voglia di azione, suspense e gore del pubblico affezionato.
Negli anni 2000, dal remake di Zack Snyder in poi, gli Zombie si sono sempre più evoluti, corrono, si organizzano e si arrampicano sui muri. E anche aggrediscono un proprio simile nel momento in cui questo si ribella.
Ripetiamo, il film di Miner è puro intrattenimento, abbastanza trucido e svelto, con alcuni effetti visivi non sempre adeguati (da dimenticare la computer grafica) ma con almeno un paio di sequenze particolarmente efficaci: quando gli ammalati si “spengono” prima di tramutare l’ospedale in una macelleria messicana, e quando Mena Suvari deve fuggire dal (monco) zombie Ving Rhames nei condotti d’aria.
La splendida Mena Suvari difende carattere e piega dei capelli anche nell'apocalisse Zombie |
Alcune scene lasciano invece perplessi per l’assoluta idiozia. I dialoghi dei bellocci protagonisti, senza un minimo di cervello. L’apertura delle porte a calci da parte dei militari spaventatissimi, quando invece le porte munite di vetri perfetti permettevano di scorgere all’interno l’assenza di Zombie e pericoli. Oppure un morto vivente che nell’assoluto silenzio, e senza che i vicinissimi compagni si accorgano di nulla, solleva e porta con sé un poveraccio.
Il bunker sotterraneo nelle ultime sequenze del film |
Poteva andare però molto peggio: i due cavalieri dell’Apocalisse James Dudelson e Ana Clavel, fra i produttori, lasciavano presagire un vero cataclisma. In effetti i sentori della bufala c’erano: problemi di distribuzione, prima ancora di produzione, tensioni che sfioravano la soppressione stessa del progetto. E si vede: Miner gira con mestiere la prima parte del film, nella seconda invece si scatena l’inferno (Zombie accelerati col fast forward, mai più di cinque Zombie nella stessa inquadratura, un finale ridicolo…). Un vero peccato. Comunque, per quel buono che si è detto prima, si può vedere. Con le dovute riserve.
Il trailer del film Day of the dead
Scheda del film:
Titolo originale: Day of the dead Paese: Stati Uniti Anno: 2008 Regia: Steve Miner Cast principale: Mena Suvari, Nick Cannon, Michael Welch, Anna Lynne McCord, Stark Sands, Matt Rippy, Pat Kilbane, Taylor Hoover, Christa Campbell, Ian McNeice, Ving Rhames Durata: 86 minuti Voto: 5,5/10 Classificazione Zombie: Tipologia: infetti |