Di solito, quando si tratta di film Zombie, sono più che tollerante. Li guardo volentieri, tutti, e anche davanti a quelli più scadenti mi ricordo di ciò che ha insegnato il maestro Romero: lo Zombie come mostro collettivo, metafora della massa che opprime l’individuo, così mi tranquillizzo. Quindi, se vi consiglio di evitare come la peste nera i film di Uwe Boll, fatelo: è una scelta meditata e un giudizio sì definitivo, ma così lungamente ponderato da essere scevro da preconcetti. Con queste premesse analizziamo il film che ha consacrato il buon Uwe uno dei peggiori registi di tutti i tempi. Analisi e recensione del film House of the Dead dopo il salto!
Diavolo di un Boll: sembra fare di tutto per uccidere una seconda volta i nostri beniamini Zombie! E magari per sempre. House of the dead, in questo senso, è paradigmatico: atmosfere da sagra del bigoncio: il film si apre con il primissimo piano di un mega cartellone che sponsorizza un rave party su di un’isola posta non si sa dove. L’avversione verso il film parte subito: che c’è scritto infatti sul cartellone a lettere enormi? Sega: il film, infatti, guarda caso è tratto da un noto videogame della casa giapponese e per i primi dieci minuti la festa, a base di cubiste, tette nude, musica, alcol e droghe, va avanti liscia e noiosa. Fra, appunto, le sopracitate tette e il promo della Sega.
Entrano in scena i cinque soliti ragazzi protagonisti: i soliti due bellocci, uno più intraprendente e l’altro più riflessivo, e le tre solite ragazze da horror americano, la solita bionda oca, l’intima e quella che capisce tutto di come il film andrà fin dalla seconda inquadratura. I cinque arrivano tardi all’appuntamento con la barca che deve portarli sull’isola del rave così noleggiano un peschereccio guidato dal capitano Kirk (sic!) che riesce a seminare una lancia della polizia che li insegue. Ah, bisogna dire che in pratica accendono un mutuo per guadagnare il passaggio: più di mille dollari. Inoltre, si capisce subito che dal film uscirà solo un gran piattume. Del resto come può risultare inquietante un pescatore che dice: "Non andate sull’isola maledetta… È maledetta!".
Il problema è comunque comune: l’intero impianto dei dialoghi non è propriamente brillante, ma rimane spesso e volentieri sotto il limite della decenza o della sensatezza. Di conseguenza i vari personaggi risultano mal caratterizzati o in certi casi anche dementi per le assurdità che dicono: si prova indifferenza, se non addirittura odio tanta è la loro totale mancanza di carisma. Si finisce per invocare gli Zombie, che facciano scempio di tanta demenza. Comunque, i cinque arrivano finalmente sull’isola, ed è già strage. Il rave è deserto, un po’ di paura iniziale ma poi vince su tutto il ragionevole e molto logico sentimento del ‘chi se ne frega! Godiamocela!’. Neanche trenta secondi e la prima coppia si imbosca. Gli altri vanno a perlustrare la zona e cominciano a vedersi i primi Zombie. Da questo punto in poi il film ha la grande idea di far comparire i primi intermezzi tratti dal videogioco della Sega ad ogni cambio di scena, trovata a dir poco stucchevole. Sull’isola arrivano anche due poliziotti, uno dei quali si chiama McGyver (ri-sic!).
Si arriva così in fretta al delirio ‘Bolliano’. Serve trovare un rifugio, e si sceglie chiaramente una casa semi-abbandonata dove ci sono tante lanterne accese (già…). Prima bisogna raggiungerla però. Nessun problema, c’è un arsenale che se fosse caduto nelle mani delle SS nel ’42 la guerra avrebbe avuto ben altro epilogo. Sull’isola infatti i nostri eroi trovano una cassetta seppellita provvidenzialmente dal capitano Kirk contenente mitraglie, granate, lanciamissili, fucili a pallettoni... Nessun problema di munizioni, inoltre: rimasta a corto di proiettili, la spaurita cubista del rave inizia a randellare gli Zombie a pedate in faccia e calci rotanti stile ‘Matrix’ con tanto di effetto speciale bullet-time ma non c’è da stupirsi: è asiatica ergo deve essere una campionessa di karate come tradizione vuole.
Finalmente al sicuro dentro questa casa così confortevole e ospitale, i protagonisti non possono fare altro che fuggire in cantina perché – in un tripudio di originalità da parte degli sceneggiatori – l’intelligentissimo capitano si è fatto saltare in aria distruggendo sì un paio di Zombie, ma anche la porta che li separava dagli stessi… Vi risparmio il resto perché si arriva al ridicolo.
Che dire: per prima cosa un gigantesco punto interrogativo mi ha tormentato per tutta la visione della pellicola: le intenzioni del film. Certo, trattandosi della trasposizione cinematografica di un gioco dalla trama pressoché inesistente (in House of the Dead l’unico obiettivo è far fuori una quantità industriale di Zombie e bestie varie), non ci si attendeva nulla di particolarmente profondo, ma qui lo spessore del film è pari a quello della confezione del videogioco. Gli attori, ad esempio: sono più finti dell’orrendo make – up dei morti viventi, i quali poi non sono per nulla chiari, ma attraversano le categorie: ci sono quelli che saltano e corrono come cavallette, quelli sfatti e terribilmente lenti, quelli svegli e furbi, quelli idioti e primitivi…
Si capisce quindi il pessimo marchio affibbiato al prolifico Uwe (che viaggia ad una media da centometrista: tre/quattro film in un anno!): sebbene film come In the name of the King, Seed, o Postal, siano brutti film ma non così pessimi, la loro fama di film ignobili la devono all’etichetta che Boll si è messo addosso facendo House of the Dead, veramente uno dei peggiori film della storia.
Un'opera che non riesce in nessuno degli obiettivi che si era prefissa. Come abbiamo fatto notare, gli Zombie sono realizzati male: alcuni hanno solo il trucco, altri sono leggermente più curati ma si vedono poco, altri ancora non sembrano nemmeno Zombie, ma gente che corre senza troppo costrutto. Lato comico – ironico, nullo. Boll pensava di affidare tutto ad una scena madre di almeno dieci minuti in cui i ragazzi uccidono Zombie su Zombie, ed è forse la più ridicola del film. La poliziotta Casper riesce, nell’occasione della tamarrissima sparatoria, ad effettuare un salto in ralenti di un numero imprecisato di metri per sparare a un morto vivente. In due o tre occasioni, addirittura, durante la morte dei ragazzi, ci viene mostrato il viso dell’attore che si colora di rosso (stile ‘Game Over’ di un videogioco). Una vera fogna, che non si vergogna neppure di ricopiare in più parti il poco noto ‘Fantasmi da Marte’ del maestro John Carpenter.
Il trailer internazionale di House of the Dead
In conclusione: Boll, che per realizzare questo film i soldi li ha avuti, fallisce su tutta la linea. Da una parte prova a creare un film simil – videogioco e non riesce a far divertire, dall’altra tenta di virare sui deliri scientifici e non ha alcun portato filosofico che lo supporti. Inutile continuare. Sarebbe come sparare sul carro funebre: dopotutto, come si fa a far iniziare un film con un tipo che sborsa mille dollari per non perdere un rave?
Scheda del film:
Qualche nota per capire chi è Uwe Boll. Una petizione online ha iniziato tempo fa a raccogliere migliaia di firme per chiedere al ‘nostro’ di smetterla con le sue vaccate. I fan di vari videogiochi a tema horror temevano che prima o poi la furia creativa del tedesco avrebbe coinvolto, trascinandole nel marciume, anche le loro serie preferite. Uwe lo ha saputo e ha commentato: "Voglio almeno un milione di firme!". Spiegando che in quel caso avrebbe sospeso le attività registiche. Quando le firme sono salite a dismisura, fino a centinaia di migliaia, Boll se l’è presa a morte replicando con un insensato filmato su YouTube, dove insulta Michael Bay (sto ancora cercando di capirne i motivi, ma meriterebbero entrambi la miniera) e l’ha sfidato a fare a botte.
Diavolo di un Boll: sembra fare di tutto per uccidere una seconda volta i nostri beniamini Zombie! E magari per sempre. House of the dead, in questo senso, è paradigmatico: atmosfere da sagra del bigoncio: il film si apre con il primissimo piano di un mega cartellone che sponsorizza un rave party su di un’isola posta non si sa dove. L’avversione verso il film parte subito: che c’è scritto infatti sul cartellone a lettere enormi? Sega: il film, infatti, guarda caso è tratto da un noto videogame della casa giapponese e per i primi dieci minuti la festa, a base di cubiste, tette nude, musica, alcol e droghe, va avanti liscia e noiosa. Fra, appunto, le sopracitate tette e il promo della Sega.
Entrano in scena i cinque soliti ragazzi protagonisti: i soliti due bellocci, uno più intraprendente e l’altro più riflessivo, e le tre solite ragazze da horror americano, la solita bionda oca, l’intima e quella che capisce tutto di come il film andrà fin dalla seconda inquadratura. I cinque arrivano tardi all’appuntamento con la barca che deve portarli sull’isola del rave così noleggiano un peschereccio guidato dal capitano Kirk (sic!) che riesce a seminare una lancia della polizia che li insegue. Ah, bisogna dire che in pratica accendono un mutuo per guadagnare il passaggio: più di mille dollari. Inoltre, si capisce subito che dal film uscirà solo un gran piattume. Del resto come può risultare inquietante un pescatore che dice: "Non andate sull’isola maledetta… È maledetta!".
Il problema è comunque comune: l’intero impianto dei dialoghi non è propriamente brillante, ma rimane spesso e volentieri sotto il limite della decenza o della sensatezza. Di conseguenza i vari personaggi risultano mal caratterizzati o in certi casi anche dementi per le assurdità che dicono: si prova indifferenza, se non addirittura odio tanta è la loro totale mancanza di carisma. Si finisce per invocare gli Zombie, che facciano scempio di tanta demenza. Comunque, i cinque arrivano finalmente sull’isola, ed è già strage. Il rave è deserto, un po’ di paura iniziale ma poi vince su tutto il ragionevole e molto logico sentimento del ‘chi se ne frega! Godiamocela!’. Neanche trenta secondi e la prima coppia si imbosca. Gli altri vanno a perlustrare la zona e cominciano a vedersi i primi Zombie. Da questo punto in poi il film ha la grande idea di far comparire i primi intermezzi tratti dal videogioco della Sega ad ogni cambio di scena, trovata a dir poco stucchevole. Sull’isola arrivano anche due poliziotti, uno dei quali si chiama McGyver (ri-sic!).
Si arriva così in fretta al delirio ‘Bolliano’. Serve trovare un rifugio, e si sceglie chiaramente una casa semi-abbandonata dove ci sono tante lanterne accese (già…). Prima bisogna raggiungerla però. Nessun problema, c’è un arsenale che se fosse caduto nelle mani delle SS nel ’42 la guerra avrebbe avuto ben altro epilogo. Sull’isola infatti i nostri eroi trovano una cassetta seppellita provvidenzialmente dal capitano Kirk contenente mitraglie, granate, lanciamissili, fucili a pallettoni... Nessun problema di munizioni, inoltre: rimasta a corto di proiettili, la spaurita cubista del rave inizia a randellare gli Zombie a pedate in faccia e calci rotanti stile ‘Matrix’ con tanto di effetto speciale bullet-time ma non c’è da stupirsi: è asiatica ergo deve essere una campionessa di karate come tradizione vuole.
Finalmente al sicuro dentro questa casa così confortevole e ospitale, i protagonisti non possono fare altro che fuggire in cantina perché – in un tripudio di originalità da parte degli sceneggiatori – l’intelligentissimo capitano si è fatto saltare in aria distruggendo sì un paio di Zombie, ma anche la porta che li separava dagli stessi… Vi risparmio il resto perché si arriva al ridicolo.
Che dire: per prima cosa un gigantesco punto interrogativo mi ha tormentato per tutta la visione della pellicola: le intenzioni del film. Certo, trattandosi della trasposizione cinematografica di un gioco dalla trama pressoché inesistente (in House of the Dead l’unico obiettivo è far fuori una quantità industriale di Zombie e bestie varie), non ci si attendeva nulla di particolarmente profondo, ma qui lo spessore del film è pari a quello della confezione del videogioco. Gli attori, ad esempio: sono più finti dell’orrendo make – up dei morti viventi, i quali poi non sono per nulla chiari, ma attraversano le categorie: ci sono quelli che saltano e corrono come cavallette, quelli sfatti e terribilmente lenti, quelli svegli e furbi, quelli idioti e primitivi…
Si capisce quindi il pessimo marchio affibbiato al prolifico Uwe (che viaggia ad una media da centometrista: tre/quattro film in un anno!): sebbene film come In the name of the King, Seed, o Postal, siano brutti film ma non così pessimi, la loro fama di film ignobili la devono all’etichetta che Boll si è messo addosso facendo House of the Dead, veramente uno dei peggiori film della storia.
Un'opera che non riesce in nessuno degli obiettivi che si era prefissa. Come abbiamo fatto notare, gli Zombie sono realizzati male: alcuni hanno solo il trucco, altri sono leggermente più curati ma si vedono poco, altri ancora non sembrano nemmeno Zombie, ma gente che corre senza troppo costrutto. Lato comico – ironico, nullo. Boll pensava di affidare tutto ad una scena madre di almeno dieci minuti in cui i ragazzi uccidono Zombie su Zombie, ed è forse la più ridicola del film. La poliziotta Casper riesce, nell’occasione della tamarrissima sparatoria, ad effettuare un salto in ralenti di un numero imprecisato di metri per sparare a un morto vivente. In due o tre occasioni, addirittura, durante la morte dei ragazzi, ci viene mostrato il viso dell’attore che si colora di rosso (stile ‘Game Over’ di un videogioco). Una vera fogna, che non si vergogna neppure di ricopiare in più parti il poco noto ‘Fantasmi da Marte’ del maestro John Carpenter.
Il trailer internazionale di House of the Dead
In conclusione: Boll, che per realizzare questo film i soldi li ha avuti, fallisce su tutta la linea. Da una parte prova a creare un film simil – videogioco e non riesce a far divertire, dall’altra tenta di virare sui deliri scientifici e non ha alcun portato filosofico che lo supporti. Inutile continuare. Sarebbe come sparare sul carro funebre: dopotutto, come si fa a far iniziare un film con un tipo che sborsa mille dollari per non perdere un rave?
Scheda del film:
Titolo originale: House Of The Dead Paese: Canada, Germania, U.S.A. Anno: 2003 Regia: Uwe Boll Produttore Mark A. Altman, Dan Bates, Uwe Boll Sceneggiatura: Mark A. Altman, Dave Parker Cast principale: Jonathan Cherry, Clint Howard, Tyron Leitso Durata: 90 minuti Voto: 1/10 Classificazione Zombie: Tipologia: dovrebbero essere infetti, ma vai a capire… |
Qualche nota per capire chi è Uwe Boll. Una petizione online ha iniziato tempo fa a raccogliere migliaia di firme per chiedere al ‘nostro’ di smetterla con le sue vaccate. I fan di vari videogiochi a tema horror temevano che prima o poi la furia creativa del tedesco avrebbe coinvolto, trascinandole nel marciume, anche le loro serie preferite. Uwe lo ha saputo e ha commentato: "Voglio almeno un milione di firme!". Spiegando che in quel caso avrebbe sospeso le attività registiche. Quando le firme sono salite a dismisura, fino a centinaia di migliaia, Boll se l’è presa a morte replicando con un insensato filmato su YouTube, dove insulta Michael Bay (sto ancora cercando di capirne i motivi, ma meriterebbero entrambi la miniera) e l’ha sfidato a fare a botte.