Eccoci, dopo la pausa estiva, con il nuovo settimo episodio del nostro progetto di racconto interattivo. Nell'ultimo episodio (qui) la tensione era alta. Da una parte Giorgio relativamente sicuro nella sua casa. Dall'altra Erika appena scampata alla sua "iniziazione" nel nuovo mondo, alle prese con due ragazzi molto, molto cattivi. La ragazza (o meglio voi) doveva decidere cosa fare e doveva deciderlo alla svelta. Vediamo insieme com'è andata, dopo il salto.
Erika teme giustamente per la sua vita, ma che cosa poteva tentare di fare per uscire da quella situazione?
Il voto maggiore nel precedente episodio con presenza maggiore su Facebook e Google+ è stato:
Erika finge di svenire.
Avete optato quindi per la classica tecnica dell'opossum? Vediamo come va a finire.
Prima di lasciarvi al seguente capitolo della storia, vi ricordiamo velocemente le "regole" della storia:
Un nuovo duo di sopravvissuti e importanti scelte da fare sul loro destino vi attendono!
Per scegliere il loro fato collegati alla nostra pagina su Facebook oppure a su Google Plus e dai la tua risposta!
Spargete la voce, infettate quanti amici potete, e decidete il destino dei sopravvissuti nel mondo del Progetto NORNE.
Erika teme giustamente per la sua vita, ma che cosa poteva tentare di fare per uscire da quella situazione?
Il voto maggiore nel precedente episodio con presenza maggiore su Facebook e Google+ è stato:
Erika finge di svenire.
Avete optato quindi per la classica tecnica dell'opossum? Vediamo come va a finire.
Prima di lasciarvi al seguente capitolo della storia, vi ricordiamo velocemente le "regole" della storia:
- Ci sono sempre e solo quattro scelte possibili.
- Due di queste scelte portano alla morte sicura del/i personaggio/i.
- Non è possibile prevedere quali scelte portino alla morte poiché la sfortuna o l’imprevisto possono essere in agguato e non sempre la scelta che appare più logica è quella migliore.
- Ogni scelta è irreversibile.
- La morte di uno o più personaggi non decreta la fine della storia.
Progetto NORNE #7
Fiamme ardono alte nel cielo
Con la fronte imperlata di sudore e il fiato che si condensava vicino ai corpi in decomposizione Erika stava combattendo una battaglia interiore.
L’urgenza di fare qualcosa era imperativa ma il terrore gli impediva di muoversi. Chiudendo ancora una volta gli occhi, un’idea la fulminò e si lasciò cadere inerme sopra i cadaveri, nonostante il ripugnate fetore, fingendo di svenire. I ragazzi guardarono la scena e uno di loro scoppiò a ridere. Una risata infantile e crudele.
L’altro però non stava ridendo e alzò il fucile dalla parte del calcio. “Questa scenetta non me la bevo. Vediamo se ti risvegli ora, carina”. Calò quindi il fucile sulla schiena di Erika e la ragazza urlò per il dolore. Contorcendosi si rigirò su se stessa e vide che il ragazzo aveva alzato nuovamente in aria il fucile. “Alzati subito altrimenti la prossima ti arriva in faccia.”
Mentre Erika cercava di alzarsi invano a causa delle mani legate l’altro ragazzo la guardava senza più ridere ma con un ghigno sulle labbra. Si protese quindi in avanti per aiutarla ad alzarsi, schernendola. Erika decise invece di approfittare di quel gesto e una volta in piedi, nonostante il dolore per il colpo subito, inspirò a fondo e diede una spinta al ragazzo più vicino facendogli perdere l’equilibrio. Prima che questi cadesse, urlando per la sorpresa, la ragazza era già scattata verso la casa. Il secondo ragazzo si portò velocemente il fucile da caccia alla spalla e mirando brevemente sparò ad Erika colpendola alla testa. Lei cadde faccia avanti nel terreno bagnato e non si rialzò. Il ragazzo ancora a terra si stava alzando .”Ehi, ma perché l’hai ammazzata? Potevamo..”. Ma non riuscì a terminare la frase perché ci fu uno sparo e una delle teste degli Zombie subì un nuovo colpo, imbrattando di sangue scuro i ragazzi lì vicino.
“Fermi e gettate le armi a terra, o il prossimo colpo sarà per voi!” La voce perentoria era di un uomo e proveniva da qualche parte all'interno della casa. Nonostante fossero abbastanza vicini i ragazzi non videro chi avesse pronunciato quelle parole. Quello che aveva appena sparato ad Erika rialzò il fucile e lo puntò verso la casa. Si udì un altro sparo e il ragazzo cadde a terra, morto. Il suo compagno vide che aveva un foro sulla fronte, leggermente a destra. Gli occhi erano ancora aperti, un’espressione di stupore era dipinta sul suo viso. Istintivamente si tolse da tracolla il fucile e lo gettò distanza, alzando le mani . “Ehi io non volevo uccidere la ragazza. Si insomma, hai visto no, è stato lui.” L’uomo all'interno della casa si fece sentire nuovamente.”Ora alzati e vieni verso di me, lentamente.” Il ragazzo, titubante guardò verso la casa. “Verso di te? Non so neanche dove sei.”
Mentre parlava si alzò lentamente, la mano sinistra andò a sistemare i jeans cadenti ma anche a controllare che la piccola pistola a tamburo fosse ancora lì. Sempre lentamente si avviò verso la casa, le mani alzate in segno di resa. Il silenzio surreale della scena venne rotto quando si iniziarono a sentire molteplici fruscii provenire dal bosco adiacente. Il ragazzo si fermò, voltandosi verso la direzione del suono.
Sembrava che ci fosse una piccola mandria di animali che avesse deciso improvvisamente di pascolare in mezzo agli alberi. Rumori di rametti spezzati e passi ciondolanti, il frusciare incessante del fogliame che veniva calpestato e spostato malamente. Poi cominciarono ad arrivare i lamenti, i grugniti e il tanfo insopportabile dell’orda Zombie. Mentre si faceva strada nella fitta vegetazione. Cominciò ad apparire illuminata dal sole l’avanguardia del gruppo. Era impressionante vedere così tanti non-morti accalcati insieme, procedere determinati nella stessa direzione. Decine di putride carcasse traballanti avanzano risolute e quando videro il ragazzo nella radura vicino alla casa alzarono le braccia putrefatte, accompagnando il gesto con ringhi di rabbia. Quest’ultimo, nonostante l’eventualità di essere colpito, cominciò a correre verso destra, attraversando la casa di lato e quando fu abbastanza vicino all'abitazione estrasse la rivoltella e sparò un paio di colpi verso le finestre, riuscendo a centrare solo il muro esterno senza esito alcuno.
Nel frattempo, Giorgio osservava l’orda che inesorabilmente si avvicinava alla casa e uscì direttamente dalla finestra rossa, tagliandosi superficialmente un braccio nell'azione, dirigendosi di corsa verso il corpo della ragazza. Quando la raggiunse constatò che era ancora viva. Il colpo di fucile l’aveva colpita di striscio sul cranio, provocandole una brutta ferita. Sarebbe sopravvissuta a patto di riuscire a portarla via di lì.
Poiché era svenuta Giorgio la caricò sulle sue spalle, mentre la massa di mostri dietro di lui incalzava, trovandosi ormai nella radura a pochi metri da loro. L’uomo sbuffando per la fatica riuscì a raggiungere la finestra rotta e a calare la ragazza all'interno della casa.
Uno degli Zombie si era staccato dal gruppo, avvicinandosi pericolosamente a loro. Giorgio si voltò per affrontarlo. Una volta era stata una ragazza giovane, quasi quanto quella che lui aveva appena salvato. I vestiti erano fradici di sangue e sul suo corpo erano disseminati segni di una furiosa lotta: tagli profondi sulle braccia, dove il sangue si era ormai rappreso e su un fianco qualcuno l’aveva ripetutamente pugnalata, lasciando infine l’arma dentro il suo addome dove il manico di un coltello fuoriusciva. La lama doveva essersi incastrata tra le costole. Occhi vacui ma crudeli lo osservavano mentre si protendeva in avanti nel tentativo di afferrarlo. Giorgio alzò la pistola ma premette troppo presto il grilletto ed il colpo spappolò la mascella della ragazza Zombie, che sussultò per l’impatto. Il secondo proiettile la raggiunse ad una tempia e si afflosciò a terra.
Il resto dell’orda era ormai vicinissima a lui. Senza scomporsi rientrò anche lui in casa e cominciò a trascinare la ragazza verso la porta della cantina. L’aprì e fece rotolare giù il corpo della ragazza. Erano pochi gradini e sperò non si facesse male ma non c’era tempo. Richiuse la porta dietro di lei e corse verso il mobiletto dei fucili.
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Erika riuscì ad aprire gli occhi molto lentamente mentre il mondo ricominciava ad avere nuovamente normali.
Un dolore atroce le martellava la testa e quando si portò la mano su quest’ultima sentì che era avvolta da soffici bende. Il contatto le fece tornare in mente cos’era successo e sgranò gli occhi nel tentativo di capire dove fosse. Era sdraiata su una branda che aveva visto giorni migliori ma il materasso era relativamente nuovo. Qualcuno l’aveva coperta con un leggero piumino e doveva trovarsi in qualche scantinato o cantina a giudicare dalla mancanza di finestre e l’abbondanza invece di cianfrusaglie, attrezzi e scatoloni vari. In una angolo una piccola stufa a legna emanava un piacevole calore. La luce era fioca e proveniva da una lampadina malmessa. Mentre cercava di mettersi a sedere sul letto la porta si aprì e nella luce si stagliava un’uomo che doveva aver ormai passato i cinquant'anni.
Aveva una barba leggera e curata ed era piuttosto alto. “Vedo che finalmente hai ripreso conoscenza. Come stai? Io mi chiamo Giorgio.” Le porse la mano sorridendole. Erika ricambiò il gesto. “Io mi chiamo Erika, piacere. Sto meglio adesso ma mi sento ancora come se mi fosse passato un treno sulla testa. Che è successo?” Il viso dell’uomo si incupì e si fece serio mentre le parlava. “Abbiamo davvero rischiato di finire male, per colpa di quei due bastardi. Ma vieni saliamo di sopra, ho preparato qualcosa da bere.”
Ancora titubante, incerta se fidarsi di quello sconosciuto, la ragazza si fece sorreggere mentre uscivano dalla cantina. Con la coda dell’occhio vide un gatto volatizzarsi alla loro presenza, sparendo nel piano superiore.” “Non ci badare.” Disse Giorgio. “Fa sempre la scontrosa con gli stranieri. Vedrai che sarai lei poi a venire da noi.” L’accompagnò verso il tavolo della cucina e mentre passavano Erika notò una finestra chiusa con assi di legno e strani segni sulle pareti vicino all’entrata. Alcuni sembravano proprio dei fori di proiettile.
Si sedettero. Giorgio aveva preparato due tazze di the' con del pane fatto in casa e marmellata. La ragazza mangiò avidamente, mentre raccontava le sue disavventure. L’uomo non la interruppe mai, ascoltando attentamente le sue parole. Quando ebbe finito l’accompagnò alla porta, aprendola.
Fuori, sullo spiazzo davanti alla casa ardeva quello che doveva essere stato un grande falò.
Un falò di corpi umani.
Ancora si potevano notare alcune membra umane annerite. Giorgio spiegò che aveva dovuto uccidere parecchi Zombie che erano arrivati come un branco numeroso a seguito della sparatoria con i due ragazzi. Avendo una posizione privilegiata era riuscito a tenerli a bada, costringendoli ad entrare dalla finestra rotta e uccidendoli definitivamente uno a uno. Aveva esaurito gran parte delle munizioni in suo possesso.
Aveva passato i due giorni in cui era rimasta svenuta a riparare la casa, curare le sue ferite e controllare che il ragazzo fuggito non tornasse. “Penso che abbiamo liberato una buona parte della zona circostante da quei mostri. Ma la situazione di Piobbico che mi hai descritto è inquietante ed è impossibile capire se siamo al sicuro o no.” Giorgio parlava quasi fra se e se, massaggiandosi la barba. “Dobbiamo valutare anche il problema del ragazzo. Ti ha detto per caso come si chiamava?” Erika scosse la testa. “Non li ho mai visti da queste parti, ma non esco neanche tanto spesso”. Continuò l’uomo. “Direi che qui siamo abbastanza sicuri e posso tranquillamente fare dei turni di guardia, se mi darai una mano. Ma dobbiamo anche valutare l’idea di dover scendere in città per fare rifornimento. Che cosa ne pensi Erika?”
Erika stava valutando le possibilità. Avrebbe voluto andare a cercare i propri genitori e la sorella Luisa. Ma stavano a Ricorno. Aveva ancora paura per il ragazzo che l’aveva rapita e pensare di avventurarsi nuovamente in quei boschi le metteva i brividi. Nonostante le cose andassero ora meglio di prima, si sentiva ancora così stanca.
Sentimenti contrastanti ribollivano in lei e si rimise a pensare a quando aveva provato a fuggire dai suoi aguzzini. Determinazione o semplicemente instinto di sopravvivenza. E come era andata a finire poi?
Osservando quel macabro fuoco morire lentamente, mentre pigre scintille si innalzavano verso il pomeriggio agli sgoccioli, Erika levò lo sguardo verso il cielo, in cerca di una risposta al suo futuro.
Un nuovo duo di sopravvissuti e importanti scelte da fare sul loro destino vi attendono!
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