Sono qui a parlarvi del libro di un autore italiano, Agostino Palmisano, dal titolo "Bloody Rome Ricordi dall'Epidemia Z", il primo di una serie che l'autore vuole scrivere sulla stessa Epidemia Z ma dal punto di vista, ogni volta, di un personaggio diverso. Il libro, quindi è di per sè autoconclusivo, per quanto riguardo questo protagnista.
Devo ammettere che, appena finito di leggere il libro, ero un po' in confusione sui miei sentimenti realtivi ad esso. Alla fine ho chiesto lumi al "mio" mentore DarkSchneider su una cosa che ho capito importante per dare un giudizio defintivo al libro e cioè, se l'autore fosse alla sua opera prima o no. La risposta è stata negativa. Non solo l'autore non è alla sua opera prima, ma ha vinto dei premi in precedenza per le sue opere, di poesia in questo caso.
A questo punto le mie idee si sono fatte chiare. Il libro ha una buonissima idea di base su un'epidemia Zombie mondiale, causata dal virus Solanum, e su come si finisce per curarla (avete capito bene, qui trovano una cura e creano i cosiddetti "Zombie bianchi"), ad un costo altissimo per l'umanità. Inoltre, ovviamente, gli Zombie, "rossi" se puri, "grigi" e "rosa" se simulano lo Zombismo o vengono spinti ad essere Zombie da una droga di cui non si conosce, per adesso, nè l'origine, nè la motivazione della sua creazione, devono ancora essere eliminati da tutto il mondo. Quindi l'umanità resta in guarda con corpi di polizia speciali, di cui fa parte il protagonista, che vive a Roma.
Il titolo deriva dal pessimismo estremo del protagonista, che credo rispecchi quello dell'autore, sull'umanità. Più Roma è piena di delitti, specie a livello di Zombie, e più attira turisti: la Bloody Rome del titolo, appunto.
L'origine del virus è oscura, anche se l'autore fa un prologo finale dove ci spiega le varie testi in giro per mondo sulla sua origine.
Se fosse stata un'opera prima avrei detto che è un libro da non perdere assolutamente, con un grosso difetto, tutto sommato superabile. Siccome non lo è, questo difetto mi infastidisce. Intendiamoci il libro è valido e, secondo me, va letto. Ma ha il grosso difetto della non scorrevolità. Mi spiego meglio. Ogni tanto l'autore parte per la tangente con le teorie filosofiche, che ci dice attraverso il suo protagonista, sull'umanità, sul suo essere senza speranza, sul suo pessimismo per la sopravvivenza della stessa, addirittura sulla sua speranza che questa si estingua in favore degli Zombie.
Ora, tutto questo è accettabile, ognuno ha le sue idee e le deve poter dire apertamente. Ma non me lo puoi fare con un linguaggio aulico al massimo ed in mezzo ad una racconto, che alla fine è un poliziesco, così, come se buttasse lì i pensieri appena gli vengono, anche in mezzo all'azione del momento. Soprattutto cambiando linguaggio in un botto. Un minuto prima stai leggendo un libro ben scritto, ma assolutamente accessibile a tutti, ed un minuto dopo ti trovi a dover cercare il vocabolario per capire cosa stai leggendo. Oltre ad avere bisogno di conoscenze di filosofia non indifferenti.
Intendiamoci, non voglio dire che se si parla di Zombie il linguaggio deve essere semplice e da bambini, ma neanche da trattato filosofico. E questo ce lo insegna il Re in persona, Stephen King, che riesce a parlare di tutto ciò che riguarda la filosofia umana e la sua natura intrinseca, ma con la massima accessibilità a tutti.
Per esempio l'inizio, che in fondo è "dare la mano" al lettore e dirgli dove lo vuoi portare, è come è una botta in testa: comincia ad usare paroloni e filosofia varia quando il protagonista è sulla scena di un delitto Zombie e tu ti aspetti tutt'altro dai suoi pensieri. Ho subito pensato "Oddio un'autore che vuole fare sfoggio della sua cultura a sfavore della storia che vuole raccontare". E invece non è così. Dopo tre pagine circa, ti ritrovi in un altro tipo di scrittura e prendi fiato. Ma, come detto sopra, questo sali e scendi c'è per tutto il libro e, soprattutto, quando meno sarebbe necessario.
Io penso e spero, perchè, ripeto la storia è valida e le premesse per un bel ciclo ci sono tutte, che questo modo di esprimersi sia una conseguenza della "nascita" dello scrittore come poeta e, vista la sua abilità, indiscussa, nelle altre parti del libro di tenere desta l'attenzione del lettore, lo limi un po'.
Per il resto lo consiglio, per la novità nel trattare il tema e per quella della cura, che è molto interessante.
Devo ammettere che, appena finito di leggere il libro, ero un po' in confusione sui miei sentimenti realtivi ad esso. Alla fine ho chiesto lumi al "mio" mentore DarkSchneider su una cosa che ho capito importante per dare un giudizio defintivo al libro e cioè, se l'autore fosse alla sua opera prima o no. La risposta è stata negativa. Non solo l'autore non è alla sua opera prima, ma ha vinto dei premi in precedenza per le sue opere, di poesia in questo caso.
A questo punto le mie idee si sono fatte chiare. Il libro ha una buonissima idea di base su un'epidemia Zombie mondiale, causata dal virus Solanum, e su come si finisce per curarla (avete capito bene, qui trovano una cura e creano i cosiddetti "Zombie bianchi"), ad un costo altissimo per l'umanità. Inoltre, ovviamente, gli Zombie, "rossi" se puri, "grigi" e "rosa" se simulano lo Zombismo o vengono spinti ad essere Zombie da una droga di cui non si conosce, per adesso, nè l'origine, nè la motivazione della sua creazione, devono ancora essere eliminati da tutto il mondo. Quindi l'umanità resta in guarda con corpi di polizia speciali, di cui fa parte il protagonista, che vive a Roma.
Il titolo deriva dal pessimismo estremo del protagonista, che credo rispecchi quello dell'autore, sull'umanità. Più Roma è piena di delitti, specie a livello di Zombie, e più attira turisti: la Bloody Rome del titolo, appunto.
L'origine del virus è oscura, anche se l'autore fa un prologo finale dove ci spiega le varie testi in giro per mondo sulla sua origine.
Se fosse stata un'opera prima avrei detto che è un libro da non perdere assolutamente, con un grosso difetto, tutto sommato superabile. Siccome non lo è, questo difetto mi infastidisce. Intendiamoci il libro è valido e, secondo me, va letto. Ma ha il grosso difetto della non scorrevolità. Mi spiego meglio. Ogni tanto l'autore parte per la tangente con le teorie filosofiche, che ci dice attraverso il suo protagonista, sull'umanità, sul suo essere senza speranza, sul suo pessimismo per la sopravvivenza della stessa, addirittura sulla sua speranza che questa si estingua in favore degli Zombie.
Ora, tutto questo è accettabile, ognuno ha le sue idee e le deve poter dire apertamente. Ma non me lo puoi fare con un linguaggio aulico al massimo ed in mezzo ad una racconto, che alla fine è un poliziesco, così, come se buttasse lì i pensieri appena gli vengono, anche in mezzo all'azione del momento. Soprattutto cambiando linguaggio in un botto. Un minuto prima stai leggendo un libro ben scritto, ma assolutamente accessibile a tutti, ed un minuto dopo ti trovi a dover cercare il vocabolario per capire cosa stai leggendo. Oltre ad avere bisogno di conoscenze di filosofia non indifferenti.
Intendiamoci, non voglio dire che se si parla di Zombie il linguaggio deve essere semplice e da bambini, ma neanche da trattato filosofico. E questo ce lo insegna il Re in persona, Stephen King, che riesce a parlare di tutto ciò che riguarda la filosofia umana e la sua natura intrinseca, ma con la massima accessibilità a tutti.
Per esempio l'inizio, che in fondo è "dare la mano" al lettore e dirgli dove lo vuoi portare, è come è una botta in testa: comincia ad usare paroloni e filosofia varia quando il protagonista è sulla scena di un delitto Zombie e tu ti aspetti tutt'altro dai suoi pensieri. Ho subito pensato "Oddio un'autore che vuole fare sfoggio della sua cultura a sfavore della storia che vuole raccontare". E invece non è così. Dopo tre pagine circa, ti ritrovi in un altro tipo di scrittura e prendi fiato. Ma, come detto sopra, questo sali e scendi c'è per tutto il libro e, soprattutto, quando meno sarebbe necessario.
Io penso e spero, perchè, ripeto la storia è valida e le premesse per un bel ciclo ci sono tutte, che questo modo di esprimersi sia una conseguenza della "nascita" dello scrittore come poeta e, vista la sua abilità, indiscussa, nelle altre parti del libro di tenere desta l'attenzione del lettore, lo limi un po'.
Per il resto lo consiglio, per la novità nel trattare il tema e per quella della cura, che è molto interessante.